L'uso delle parti comuni

        I principi della rivoluzione francese, che decretano l'assoluta libertà del singolo purché non pesti i piedi agli altri, non trovano ospitalità nelle assemblee condominiali. Nove volte su dieci, chiunque chieda il permesso di eseguire dei lavori che in qualche modo tocchino una delle parti comuni dell'edificio, proprietà di tutti, si sente rispondere un secco "no" dalla maggioranza dei condòmini. I vicini paventano in anticipo ogni possibile seccatura (perfino le orme polverose degli operai sul pavimento dell'ascensore) e ritengono del resto di non aver nulla da guadagnare. Talvolta si oppongono per semplice invidia.
Il Regolamento Condominiale

        Le leggi non bastano nel stabilire chi ha torto in condominio e chi no. Per fortuna il codice dà ai condomini di ciascun edificio uno strumento su misura che, se fosse meglio utilizzato, troncherebbe sul nascere molte occasioni di lite: il regolamento di condominio che, di fatto, è un contratto vero e proprio tra i condòmini.
Le parti comuni

        Il condominio nell’edificio ha luogo quando questo è diviso in almeno due proprietà esclusive appartenenti ad almeno due diversi proprietari. Pertanto, "edificio o fabbricato" non sono sinonimi di condominio: un edificio appartenente interamente al medesimo proprietario non è, infatti, da ritenersi in condominio.
        Il fabbricato ricade  in una condizione di “condominialità” per effetto di altri istituti autonomamente posti in essere, come  l’atto di compravendita, una donazione, una successione e ogni altro titolo idoneo a trasferire la proprietà.
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Guida al Condominio -aggiornata alla L. 220/2012, in vigore dal 18.6.2013-
1: Le Parti comuni e il Regolamento condominiale
        L'art 1117 del Codice Civile stabilisce quali sono le parti in comune. Sono comuni innanzitutto quei manufatti o quegli impianti che permettono all'edificio di funzionare come scatola contenitrice degli appartamenti. La comunione é insomma una necessità. Senza le scale, non si potrebbero raggiungere gli appartamenti. Senza il tetto non potrebbe esistere nemmeno l'appartamento al pian terreno, che dopotutto è protetto dagli agenti atmosferici dagli appartamenti sovrastanti.

        Per essere comune un manufatto non deve per forza essere utile a una proprietà singola. Per esempio il portone, le scale o il cortile servono poco o niente ai proprietari di un negozio che dà sul piano strada. Ma poiché sono elementi indispensabili perché l'intero edificio che ospita il negozio possa esistere, il commerciante sarà comunque costretto a partecipare alle spese per la loro conservazione strutturale (quelle di manutenzione straordinaria).
        Vi sono poi delle parti comuni per scelta, salvo titolo di proprietà dimostrante il contrario, aventi già di per sé una certa autonomia e definite "pertinenze". Esempi classici sono le portinerie, i box-auto, i seminterrati, i terrazzi e taluni soffitte. Se mancano, come spesso accade, indicazioni su chi appartengono nel regolamento condominiale o in rogiti trascritti presso l'ufficio del registro, bisogna valutare caso per caso. Salvo prova contraria, per esempio, una portineria o un locale sotterraneo non utilizzato saranno di tutti. Viceversa un sottotetto non accessibile dalle scale appartiene quasi sempre ai locali situati all'ultimo piano, per cui assolve la funzione di isolamento dal calore e dal freddo.
        Và, infine, sottolineato che le parti comuni, indeterminati, posson esser tali solo per alcuni proprietari. Per esempio, se un condominio comprende diversi edifici staccati l'uno dall'altro, ciascun muro portante o ciascun tetto saranno comuni solo ai titolari del singolo palazzo. L'eventuale giardino, piscina o portineria apparterranno, invece, a tutti.
        Salvo patti contrari, la regola vale però anche all'interno di un solo palazzo. Se vi sono più scale, l'ascensore é comune solo ai condomini che se ne servono (ved. art. 1124 codice civile). Ed anche in una stessa scala, può capitare che esistano due scarichi fognari, uno che é utilizzato per esempio dagli appartamenti sulla sinistra del pianerottolo, e l'altro che serve la colonna di appartamenti a destra.
        La chiave logica alla comprensione di cosa si può fare e cosa non si può, é questa: le parti comuni dell'edificio, gestite dal condominio, esistono solo e unicamente per consentire un migliore uso e (come dice la legge) "godimento" delle proprietà singole. Ogni opera che non danneggi gli altri proprietari (anche uno solo), non minacci la stabilità non alteri il decoro architettonico dell'edificio é pertanto lecita.
        E con "danno" e "alterazione al decoro" non si intende un fastidio personale e soggettivo, ma qualcosa di concreto, dimostrabile.
        I giudici hanno per esempio ritenuto lecita senza permessi condominiali l'apertura di finestre o porte nei muri comuni e la costruzione di balconi purché con veduta sulle zone comuni (cortile o scale). Questo perché una finestra o un balcone in più sulla facciata potrebbe anche rovinare l'estetica dell'edificio. Ugualmente sarebbe possibile affiggere insegne, targhe o cartelli nell'androne o anche in vicinanza della porta di accesso agli appartamenti.
        Un altro lavoro lecito e frequente é l'apertura o l'ampliamento di un lucernario sul tetto per dare maggiore luce a una soffitta o a un locale.
        Attenzione però: non é detto che un'opera da considerarsi eseguibile senza consenso del condominio sia lecita. Chi, per esempio, adibisce ad abitazione un sottotetto di sua proprietà, ed apre a questo scopo una finestra nel tetto, dovrà innanzitutto verificare la conformità del cespite ai regolamenti edilizi, urbanistici ed al piano regolatore vigenti. Quindi, dovrà presentare al Comune specifica DIA o permesso a costruire teso alla modifica della destinazione d'uso dell'immobile (solitamente, da categoria catastale "C" a categoria "A"), con relativi lavori e denuncia al Catasto dell'avvenuta modifica della categoria unitamente al deposito della nuova planimetria (comportante, tra le altre cose, l'istantaneo innalzamento della rendita catastale -con conseguente incremento dell'IMU ed altre tasse- mentre, a livello condominiale, dovrà comunicare l'avvenuta variazione all'amministratore -ai sensi degli artt 1122 e 1130 Codice Civile- e sarà passibile di richiesta di rettifica delle tabelle millesimali per sopravvenuto cambio di destinazione d'uso dell'immobile -ved. art. 23 Legge 220/2012).
        In via presuntiva,  sono parti comuni  tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui questo sorge, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate. Sono parti comuni anche  le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli  stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune. Così anche  le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative  di settore in materia di reti pubbliche.

        Tuttavia, l’elenco non è da ritenersi esaustivo, poiché rientra nelle parti comuni ogni cosa, parte o impianto destinata a servire più unità immobiliari esclusive.
        Il buon senso invece invita a non inserirvi decine di minute regole che tutt'al più andrebbero decise in assemblea con un regolamento interno e che potrebbero solo svilire il valore di questo contratto tra tutti.
        Per esempio gli orari a cui é concessa la battitura dei tappeti, il divieto di posteggiare biciclette in cortile, il divieto di gioco dei bambini lungo le scale, e così via. E' poco credibile che valga la pena di sostenere in tribunale l'infrazione di tali precetti.

        Vi sono poi regolamenti che con spirito nazista sconfinano volentieri nella sfera di autonomia costituzionale del singolo: impediscono di posare anche temporaneamente un oggetto sul ballatoio, di lasciare aperta la porta dell'appartamento o proibiscono l'uso di locali a chi é affetto da infermità infettive o mentali. A parte la loro dubbia validità, queste leggi interne al condominio rischiano di non essere applicate e di provocare liti inutili anziché dare il modo di risolverle.
        Nonostante questi limiti, il regolamento contrattuale serba un ampio raggio di azione. Due sono le disposizioni più significative che di solito contiene:
  1. Il divieto di destinazione degli appartamenti (tutti o magari solo quelli ai piani superiori) a certe attività, come scuola di musica o di ballo, locale notturno, locale per appuntamenti, ambulatorio medico, laboratorio artigianale che possa provocare immissione di rumori o esalazioni, ecc...;
  2. La ripartizione dei millesimi di proprietà e degli altri millesimi in base ai quali si calcolano le spese (per esempio quelli calore, per l'uso della caldaia, quelli dell'ascensore e delle scale, ecc...).

        Inoltre é bene che ribadisca norme di sicurezza e di igiene fondamentali, quali il divieto di tenere sostanze infiammabili esplosive o corrosive (per esempio bombole a gas gpl) o di chiudere i balconi con opere in muratura. Dovrebbe comunque contenere tutte le prescrizioni talmente importanti da giustificare un ricorso in tribunale perché siano applicate.
Cosa NON puo' decidere il Regolamento condominiale

        Anche il regolamento contrattuale non può infrangere le leggi. Sarebbe assurdo se si vietasse l'acquisto di un appartamento agli immigrati dall'Africa o se si permettesse di costruire impianti non adeguati alle norme di sicurezza.
        Si possono però stabilire eccezioni (deroghe) a quasi tutte le norme del codice civile che riguardano il condominio, salvo alcuni articoli, detti inderogabili.
        Ecco cosa é espressamente vietato:
  • Rinunciare alla comproprietà delle cose comuni o dividerle tra i condomini salvo che ciò sia più conveniente per l'uso di tutti .
  • Eseguire lavori che mettano in pericolo la sicurezza, il decoro architettonico o la stabilità dell'edificio o che impediscano, anche a un solo condomino, l'uso o il godimento di una parte comune dell'edificio.
  • Non nominare l'amministratore, se i condomini sono più di quattro e negargli la rappresentanza del condominio in pretura o in tribunale .
  • Impedire al singolo condomino di dissociarsi da una lite o da una causa proposta dal condominio.
  • Fare eccezioni alle norme sul modo di costituire l'assemblea e sulle maggioranze necessarie per poter decidere e negare ai condomini il diritto di impugnare le decisioni davanti al giudice.
  • Non è possibile vietare di poter possedere o detenere animali domestici.

        Le norme inderogabili delle disposizioni di attuazione del codice civile sono invece gli articoli 63, 66, 67 e 69 che stabiliscono come e da chi l'amministratore può riscuotere i debiti dei condomini, come si convoca e come si tiene l'assemblea condominiale, come e quando si può delegare il voto e a che condizioni si possono cambiare i millesimi.
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        Più precisamente, il condominio é l'insieme delle parti di un edificio che sono di proprietà comune a più condòmini. Identificare quali sono queste parti comuni significa perciò comprendere se un contrasto di interessi coinvolge tutti i proprietari di uno stabile o solo alcuni di essi. Significa cioè capire quando davvero l'assemblea dei condòmini può decidere e quando non lo può. E comprendere se davvero l'amministratore deve fare del proprio meglio per risolvere un problema .
        Il codice civile, invece, permette l'uso singolo delle cose comuni: infatti, l'art 1102, al primo comma, recita "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto". E' inoltre consentito che il condomino apporti, a proprie spese, eventuali modificazioni per il miglior godimento della cosa,  purché non si impedisca ad altri condomini di fare lo stesso e non si alteri la destinazione dell'edificio.
        Non é finita: per utilizzare in tal modo una parte comune all'edificio condominiale non occorre alcun assenso: né da parte dell'amministratore né da parte dell'assemblea condominiale. Per chi voglia servirsi di questo diritto, meglio quindi non disturbare il can che dorme, evitando di chiedere inutili permessi.
        Per negare il proprio assenso a dei lavori, troppo spesso i condomini sbandierano a vanvera l'articolo 1120 del codice civile, che nega le innovazioni quando pregiudicano la stabilità e la sicurezza dell’edificio, ovvero ne alterano il decoro architettonico o ne rendono talune parti comuni inservibili. Se si tratta di un pretesto, l'amministratore accorto dissuaderà i condomini prepotenti, consigliando loro di munirsi di una relazione tecnica per sostenere le loro tesi.


        Il nuovo art. 1117-ter del Codice Civile consente di poter modificare la destinazione d'uso delle parti comuni per soddisfare esigenze di interesse condominiale. La decisione deve essere presa con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio. La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per almeno 30 giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune e deve indicare le parti comuni da modificare nonché la nuova destinazione d’uso proposta. Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterino il decoro architettonico.

        Per l'art 1119 c.c., "Le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio"
        Infine, il nuovo art. 1122-ter c.c. relativo all’installazione di impianti di videosorveglianza sulle parti comuni, dice che essa è consentita se approvata con la maggioranza degli intervenuti in assemblea e 1/2 del valore.
        Questo in teoria: nei fatti le cose funzionano diversamente. In genere, quando la casa viene edificata, il costruttore stesso redige il regolamento. E quando vende ogni appartamento, costringe chi acquista, con un articolo nel rogito, ad approvare questo documento. Insomma, é un po' come se un contratto firmato tra il signor Rossi e il signor Bianchi fosse scritto dal primo che passa per strada, che non c'entra un bel niente. Bisognerebbe quindi che tutti gli acquirenti di un nuovo immobile si mettessero d'accordo e rifiutassero il regolamento imposto dal costruttore: il ché, però, è improbabile.

        E chi compra un appartamento messo in vendita, magari vent'anni dopo la costruzione? Automaticamente, insieme all'acquisto, approva e fa suo il regolamento condominiale contrattuale, che deve essere allegato al rogito.
         Questo regolamento é talmente importante che dovrebbe essere allegato al rogito trascritto presso l'ufficio del Registro, dove chiunque (per esempio un creditore del condominio) avrebbe diritto di consultarlo. Non è pero trascrivibile direttamente, perché non è elencato tra gli atti previsti come tali dall'articolo 2643 del Codice civile. Se non é trascritto in tal modo, vale solo tra le persone che lo hanno firmato, o tra chi é subentrato nella proprietà di un alloggio e ha dato il suo assenso al regolamento stesso.
         Come stabilito al 2° comma dell'art. 1136 c.c., le innovazioni in materia di sicurezza, salubrità, abbattimento barriere architettoniche, contenimento consumo energetico,  parcheggi, energie rinnovabili, antenne centralizzate, satelliti e adsl, possono essere deliberate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio; per le altre innovazioni occorre il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti, rappresentanti almeno i 666,67/1000 di valore.

        Il citato art. 1120 elenca le tipologie di innovazioni eseguibili, intendendo "innovazione" ogni nuova opera, impianto o manufatto, destinato a migliorare l’uso, il  godimento o aumentarne il rendimento delle parti comuni.
        L'art. 1135 del c.c, così come modificato dall'art. 13 della L. 220/2012, stabilisce che per i lavori di innovazione e manutenzione straordinaria deve essere costituito un fondo di importo pari al costo dell’intervento. Inoltre, l'assemblea può anche autorizzare l'amministratore a partecipare e collaborare a progetti, promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, per il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato. Con questo scopo possono essere decise opere di risanamento di parti comuni degli immobili, demolizioni, ricostruzioni e messa in sicurezza statica.
       Il nuovo art. 1122-bis del Codice Civile riconosce il diritto del singolo condòmino alla ricezione radiotelevisiva con impianti individuali. Inoltre è consentito installare impianti di energia da fonti rinnovabili ad uso esclusivo su lastrico solare o su ogni altra idonea superficie comune, eventualmente provvedendo, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni. L'art. in questione, inoltre, recita che " L'accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l'esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative".
        L'articolo 1118 del Codice Civile stabilisce che ciascun condòmino esercita il suo diritto sulle parti comuni in misura proporzionale al valore della sua proprietà. I diritti, oltre che  con  l’uso delle  parti  comuni, si esercitano partecipando in assemblea con un proprio voto il cui peso è commisurato al valore millesimale della propria unità esclusiva. Il dovere  del condòmino  è quello di partecipare alle spese necessarie, sempre in misura proporzionale al valore della sua unità immobiliare esclusiva. Tuttavia, è possibile prevedere una misura diversa con apposite convenzioni accettate da tutti. "Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali."
        Comunque, il condomino  che intende staccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento,  può farlo  se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In tal caso resta  comunque  tenuto al pagamento  delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma.
        L'art 1121 c.c., inoltre, precisa che quando l’innovazione comporta una spesa molto gravosa o si rende superflua rispetto alle condizioni dell’edificio, la delibera di approvazione non vincola  i condòmini dissenzienti a partecipare alle spese, a patto che si tratti di opere suscettibili di godimento separato (es. ascensore).

            Quindi, i condomini possono deliberare la realizzazione di interventi per la riduzione dei consumi energetici dell’edificio e la produzione di energia attraverso impianti di cogenerazione e fonti rinnovabili. Con questa finalità è dunque consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, destinati al servizio di singole unità del condominio, sul lastrico solare, su altre superfici comuni idonee e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato. Nel caso in cui si rendano necessarie delle modifiche alle parti comuni, l’interessato comunica all’amministratore il contenuto e la modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può imporre modalità alternative o particolari cautele cui attenersi durante la realizzazione e ripartisce l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni attenendosi alle forme di utilizzo previste dal regolamento.

        Peraltro, ai sensi del DL 63/2013, fino al 30 giugno 2014 gli interventi di riqualificazione energetica sulle parti comuni dei condomìni, o su tutte le unità immobiliari del condominio, sono agevolati con la detrazione fiscale del 65%.  Sono esclusi gli impianti di riscaldamento e gli scaldacqua a pompa di calore e gli impianti geotermici, già agevolati dal Conto Termico.
        L'art 1138 del Codice Civile recita che "Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento -approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell'articolo 1136-, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione. Ciascun condomino può prendere l'iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente...  Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137. Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici"
        Particolare importanza và, infine, data all'art 70 per l'attuazione del Codice Civile, cosi come modificato dall'art 24 della Legge 220/2012, che recita "Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie". In tal modo vien finalmente posta una reale sanzione a chi trasgredisce alle norme del regolamento condominiale.